Artisti Prigionieri delle Esclusive. Pro e Contro i Contratti di Esclusiva

Introduzione

Questo articolo focalizza l’attenzione sugli artisti di arte visiva dalla pittura alla scultura passando per la pittoscultura, dalla fotografia artistica (fine art photography) all’arte digitale (digital art) e ai rapporti di esclusiva con gallerie d’arte, aziende di televendita di opere d’arte o commercianti d’arte visiva. Premesso questo l’articolo è comunque utilizzabile come orientamento anche per altre forme d’arte perché ogni artista professionista potrebbe trovarsi di fronte al quesito “se scegliere di stipulare un contratto di esclusiva”.

L’artista visivo (o visuale) è sicuramente un creativo, è quella persona che cerca di trasformare un’idea, un’immagine, un pensiero e/o una propria osservazione in una rappresentazione condivisa, con valore di unicità. La percezione di “libertà” è la forza motrice che spinge gli artisti. L’autonomia professionale, la libertà di pensiero e di azione sono il fulcro dell’attività di un artista, tuttavia la libertà potrebbe morire di fronte alla coercizione, all’imposizione e a forti condizionamenti psico-sociali. Per questo motivo ci troviamo qui a parlare di argomenti non molto trattati come quelli dei contratti di esclusiva tra gli artisti e le gallerie d’arte, le televendite, i commercianti e quanti altri.

Non è certo un segreto che la maggior parte degli artisti professionisti vorrebbe veder crescere la propria arte, il proprio nome e, visto che stiamo parlando di professione, il proprio mercato. Scegliere di dedicarsi all’arte dal punto di vista professionale è una strada in salita, lastricata di dubbi e incertezze. Anche un momento di “notorietà” potrebbe rivelarsi passeggero. Per questo è bene che l’artista sia molto attento a crearsi una sua stabilità e valutare con attenzione le proposte da parte di terzi che potrebbe incontrare nel suo percorso di vita professionale.

Spesso l’artista, mosso dalla propria passione, quando incontra un gruppo ben organizzato, come una rinomata galleria d’arte che vorrebbe investire nel suo nome e nella sua arte in cambio “soltanto” di un’esclusiva, si sente in qualche modo privilegiato. “Finalmente qualcuno che crede in me e nella mia arte”, “finalmente la possibilità di crescere”, “finalmente un po’ di sicurezza economica” e così via. Sono sentimenti leciti e sicuramente quando qualcuno crede in noi e intravede opportunità di business l’idea di accettare è davvero allettante. Siamo sicuri che valga proprio la pena? In questo articolo valuteremo i pro e i contro dei contratti di esclusiva, vedremo quando sono delle vere e proprie trappole e quando invece possano rappresentare una reale opportunità per l’artista.

Esclusive e Mercati dell’Arte

Caso 1. L’Acquisto Diretto delle Opere con Esclusiva. Chi propone esclusive potrebbe promettere una monetizzazione costante, una specie di fisso all’artista. Ad esempio ogni mese acquista un “tot” di opere di varie misure a un costo stabilito e contrattato. Il prezzo delle opere può essere legato al “coefficiente” dell’artista oppure essere svincolato da esso (come nel caso di un forfait). Il prezzo di un’opera per chi poi dovrà rivenderla ovviamente è nettamente più basso del prezzo sul mercato. In genere quando c’è acquisto diretto delle opere da parte di una galleria d’arte o di un commerciante, il prezzo di acquisto può arrivare anche al 10% del valore commerciale dell’opera d’arte. Un prezzo tra il 10% e il 30% del valore dell’opera sul mercato è in genere un prezzo ragionevole considerando che la galleria o il commerciante acquista senza una garanzia di poterlo rivendere e si occuperà di tutto ciò che concerne la vendita come il posizionamento sul mercato, il trovare l’acquirente, la contrattazione, la garanzia autenticità, il fornire certificazioni, l’imballaggio, l’assicurazione, la spedizione (compresi gli eventuali rapporti con le dogane internazionali) e la gestione di eventuali contenziosi. Insomma, un lavoro che spesso l’artista sottovaluta e carico di numerose responsabilità. Incontrare una galleria che acquista le nostre opere, in cambio di un contratto di esclusiva, può rappresentare una buona opportunità per chi è agli inizi e per chi sta vivendo un periodo di netto calo. Occorre ricordare che un’esclusiva totale sulle opere potrebbe significare comunque “essere costretti” a una certa produzione, a volte dozzinale, con pochissimi gradi di libertà. Allo stesso tempo da lavoro autonomo potrebbe trasformarsi in una sorta di lavoro subordinato. Accanto quindi a una certa “opportunità economica” e anche di sviluppo, si potrebbe celare il rischio di una perdita della propria autonomia e libertà.

Cosa potrebbe pensare l’artista. L’artista si fa due conti e, considerando le fluttuazioni e l’insicurezza del mercato dell’arte, inizia a pensare che dopotutto è molto conveniente percepire denaro in modo continuativo. “In fondo ogni contratto ha una scadenza e si può sempre decidere di non rinnovarlo!” questo è quello che spesso pensano gli artisti senza considerare altre e più importanti variabili. A volte i contratti sono molto semplici, all’artista viene chiesto “anima e corpo” in cambio di una sicurezza economica, qualche catalogo ed esposizioni. Se i contratti fossero rispettati da ambo le parti, se davvero le varie gallerie o, in alcuni casi i televenditori, fornissero i pagamenti promessi nei tempi dichiarati e lasciassero nello stesso momento piena autonomia all’artista nella sua produzione e nella sua “politica” creativa, senza chiedere opere in eccesso, non ci sarebbe un grande problema ma più o meno un vantaggio per tutti.

Cosa potrebbe accadere nella realtà. Gli “investitori” potrebbero iniziare a posticipare i pagamenti pur chiedendo produzioni artistiche cospicue oppure potrebbe accadere che impediscano all’artista anche il minimo movimento autonomo o che suggeriscano addirittura la tipologia di opere da realizzare! Se così fosse l’artista si troverebbe in una situazione d’incastro psicologico. Da una parte c’è un contratto con una promessa di pagamento dall’altra potrebbe sembrare che l’unico che debba rispettare le norme contrattuali sia l’artista. Quando il pagamento c’è ed è coerente, quando c’è libertà espressiva, quando non è richiesta iperproduzione e quando la galleria permette l’inserimento dell’artista nel mercato anche utilizzando altre gallerie, allora i problemi sarebbero quasi nulli. Ci sono comunque molte variabili in gioco che potrebbe essere utile illustrare.

Caso 2. Esclusiva in Conto Vendita. Il caso precedente ha sicuramente dei vantaggi, soprattutto economici, permette all’artista di trarre almeno un minimo vantaggio. Questo secondo caso, il più frequente ai giorni nostri, è il contratto di esclusiva con “conto vendita” vale a dire che l’artista percepirebbe pagamento esclusivamente in caso di vendita dell’opera d’arte ma, avendo firmato un’esclusiva, non potrebbe farsi rappresentare da altre gallerie, curatori o vendere direttamente le proprie opere. In questo caso le percentuali di guadagno promesse sono generalmente più alte e vanno dal 30% fino al 70% ma in genere si attesta intorno al 50%, ovviamente dipende dai casi. Questo tipo di rapporto può essere conveniente all’artista se il contratto prevedesse, senza oneri per l’artista, la pubblicazione di cataloghi, esposizioni personali, collettive internazionali di prestigio, o televendite note. In questo caso l’artista avrebbe comunque una certa visibilità e una buona opportunità di crescita. L’esclusiva in questo caso conterrebbe tuttavia molti più rischi legati al guadagno.

Caso 3. Esclusiva di Rappresentanza. La vendita diretta delle opere d’arte da parte dell’artista è raramente la scelta migliore; essere rappresentati sicuramente offre numerosi vantaggi. Un contratto di esclusiva di rappresentanza in genere è il miglior compromesso tra la necessità dell’artista di essere curato e rappresentato da una galleria o da uno specifico curatore. Si tratta in sostanza di un rapporto di collaborazione che permette all’artista di presentarsi attraverso un interfaccia professionale che possa curare i suoi interessi di fronte a terzi, contrattare le vendite, essere seguito nella scelta delle collaborazioni, delle mostre e anche essere tutelato nel rapporto con gallerie. L’artista potrebbe così più facilmente essere trattato da più gallerie ed evitare esclusive legata alla propria produzione. Sarebbe libero di creare senza dover pensare all’onere psicologico del rapporto con terzi. L’esclusiva di rappresentanza, a differenza delle esclusive presentate ai casi 1 e 2, dal punto di vista economico, è pagata dall’artista attraverso diverse formule. E’ possibile che un curatore percepisca un contributo fisso, settimanale, mensile o una tantum in relazione alla tipologia di accordo oltre a percepire una percentuale sulle vendite. Nella maggior parte dei casi il curatore di un artista percepisce intorno al 10% rispetto a quanto spetta all’artista in merito alla vendita quando questa è effettuata da terzi e dal 30 al 50% in caso di vendita mediata direttamente dal curatore. Generalmente l’artista, in caso di contatto diretto, rimanda la tutela dei propri interessi e la mediazione al curatore. Il contratto di esclusiva in questo caso prevede infatti la cura degli interessi dell’artista. E’ sicuramente la modalità più adatta agli artisti professionisti.

I Pericoli delle Esclusive Totali

L’obbligo alla produzione mortifica la creatività e la persona. La sensazione di obbligo alla produzione dell’artista è uno dei pericoli “psicologici” che emerge più spesso e non va sottovalutato. Nei contratti di esclusiva (in particolare nel caso 1 ma anche nel caso 2) in genere si richiede un numero più o meno fisso di opere. Questo è il problema principale, la vera castrazione della creatività e della libertà. Imporre un obbligo creativo è come “imporre alla persona di essere spontanea”, esattamente l’opposto della spontaneità! Non si può per definizione essere spontanei a comando. Così l’artista si trova nuovamente incastrato in un meccanismo per il quale deve produrre e deve farlo sempre anche in quei momenti in cui non ci sono idee. La produzione può diventare quasi artigianale, quasi in serie. Così vediamo la produzione di opere sempre uguali, con poche variazioni. Quella libertà tanto agognata attraverso l’arte viene meno, a volte impedendo all’artista di essere pienamente sé stesso. L’incastro economico genera un “loop” dal quale difficilmente l’artista esce davvero salvo. Ci si può sentire privati dell’anima stessa. Non è un “gioco”, non stiamo parlando di cose astratte o assurde. Un artista sensibile può risentire pesantemente di questa condizione di privazione di autonomia e libertà, può sentirsi addirittura ricattato.

Iperproduzione Durante l’Esclusiva. Una produzione obbligata di opere d’arte, a volte eccessiva, tutta in mano a una sola galleria o a un solo commerciante o a una specifica azienda di televendite di opere d’arte può determinare una vita non facile per l’artista. La galleria inizierà a disporre di centinaia se non di migliaia di produzioni del tutto simili di uno specifico artista. Da una parte l’artista può sentirsi svuotato, obbligato solo alla produzione come in una catena di montaggio, non più appassionato alla sperimentazione, alla creatività. Si può percepire “prigioniero dell’esclusiva”.

Ricordiamo che le esclusive con una sola galleria d’arte, un’azienda di televendite o con un solo commerciante d’arte, potrebbero impedire agli artisti di vendere per proprio conto e di non poter disporre liberamente di un curatore rappresentante. Nei casi più rigidi addirittura potrebbero impedire di regalare un’opera a un familiare o a un amico e spesso impedire la possibilità di mostre autonome.

Il un numero elevato di opere d’arte di uno specifico artista legato a un’esclusiva in possesso di un solo “ente” contiene un altro importantissimo rischio. La possibilità per la galleria di determinare una svalutazione dell’artista. Questa possibilità non viene quasi mani vista dall’artista che pensa invece che a una galleria in possesso delle proprie opere convegna sempre trarre il maggiore vantaggio nella vendita. La galleria può trarre sempre un vantaggio che non necessariamente corrisponde al vantaggio per l’artista.
Ipotizziamo che la galleria abbia acquistato al 10% del valore commerciale. Anche qualora vendesse al 15% del valore dell’opera avrebbe guadagnato mentre l’artista verrebbe svalutato e difficilmente l’artista riuscirà a essere competitivo rispetto alla galleria. Il problema si può protrarre per molti anni prima che il mercato possa essere rilanciato.

In caso di conto vendita la galleria guadagnerebbe qualsiasi fosse il prezzo di vendita, dovendo corrispondere una percentuale all’artista soltanto a opera venduta. Ancora una volta il prezzo potrebbe essere più basso del valore commerciale dell’opera d’arte portando alla svalutazione dell’artista sul mercato.

Anche in caso di recesso dal contratto o a conclusione dei termini del contratto, la galleria che ha acquistato sarebbe comunque in possesso di molte opere d’arte. Questi casi faranno sentire i loro effetti ben oltre la durata del contratto.

Un vero dramma che porterebbe a un allontanamento di molti nuovi collezionisti e a una contrazione del mercato da parte di chi ha acquistato in precedenza a costi maggiori.

Tutelare la propria arte, il talento e la professione di artista

Un buon contratto di esclusiva con una specifica galleria, con un’azienda di televendita di opere d’arte o con un solo commerciante dovrebbe garantire ampi gradi di libertà all’artista, favorire il benessere non solo economico ma anche psicologico dell’artista, tutelarne il talento e favorirne davvero lo sviluppo e la crescita. Può essere davvero difficile trovare contratti di esclusiva (o esclusiva parziale) basati sull’etica dell’investimento in arte. Ricordiamo inoltre che le esclusive spesso creano disagio in chi, prima della galleria che ha stipulato il contratto, ha invece da sempre creduto nel lavoro dell’artista, nei galleristi precedenti, nelle persone che, a volte, hanno addirittura favorito la crescita dell’artista stesso e che si trovano, improvvisamente, escluse da tutto, emarginate, se non addirittura rinnegate! I contratti di esclusiva, appunto escludono tutti gli altri! Questo è davvero un serio problema perché si perde una più ampia rete di supporto. Se la galleria fallisse o decidesse di non investire più nell’artista, siamo sicuri che l’artista potrà fare affidamento su coloro che si sono sentiti traditi?

Se un artista fosse corteggiato da gallerie d’arte per un’esclusiva in realtà significa che c’è tutto l’interesse d’investimento e quindi l’artista stesso ha maggiore potere. In tali casi è preferibile affidarsi a rappresentanti che curino gli interessi dell’artista di fronte a terzi. Essere rappresentati è sempre più una necessità. Un rappresentante serve a favorire il proprio sviluppo artistico e professionale quindi riuscire a monetizzare il proprio talento in modo etico.

Usare un curatore/manager/consigliere per la cura dei propri interessi di artista professionista anche in caso di contratti di esclusiva. Nessuno può impedirci di fare riferimento a un nostro consulente di fiducia anche se l’ente con il quale stipulare un eventuale contratto di esclusiva vuole un rapporto diretto con noi. Il rapporto dell’ente sarà direttamente con noi come artisti ma noi abbiamo tutto il diritto di chiedere consiglio prima di firmare e su come muoverci.

Come comportarsi in caso di esclusive vantaggiose. In caso di richieste di esclusiva che possano apparire vantaggiose per l’artista, magari valutate insieme al proprio curatore di fiducia, al proprio rappresentate/manager, è consigliabile procedere per gradi. Ecco alcuni consigli:

  • Preferire contratti di breve durata, oppure esclusive limitate ad una specifica produzione.
  • Valutare se vale davvero la pena sottoscrivere contratti di esclusiva (che comunque vanno sempre sottoposti alla valutazione di un proprio consulente di fiducia)
  • Utilizzare sempre un procuratore personale, un’interfaccia tra la propria arte e competenza e il mercato. L’uso di un curatore rappresentante, di un consulente, è davvero importante per evitare manipolazioni e non cadere in trappole di tipo psicologico. Affidarsi quindi sempre a qualcuno, di estrema fiducia, interessato a tutelare i nostri interessi come artisti. Se la galleria avesse difficoltà ad accettare il rapporto con un proprio curatore probabilmente qualcosa “si cela”, meglio stare attenti.
  • Nel contratto di esclusiva inserire sempre una clausola che tuteli l’artista da mancati pagamenti e ritardi nei pagamenti. Ad esempio “in caso di ritardo nel pagamento superiore a tre mesi solari l’artista è transitoriamente svincolato da ogni esclusiva fino a copertura del saldo”. Una difficoltà da parte dell’ente di inserire una simile clausola potrebbe essere l’indicatore della difficoltà a mantenere la promessa di pagamento da parte della galleria.
  • Nel contratto di esclusiva pretendere che la galleria non venda al di sotto del coefficiente indicato all’atto della stipula e in caso di abbassamento del prezzo sia richiesto il consenso diretto dell’artista o di chi lo rappresentasse.
  • Nel contratto di esclusiva richiedere che la galleria non ostacoli o non condizioni la libera espressione dell’artista. In questo caso è bene che anche la galleria sia tutelata da “colpi di testa” dell’artista e che comunque si possa raggiungere un certo compromesso.
  • Nel contratto di esclusiva richiedere di poter regalare direttamente e/o donare un certo numero stabilito di opere durante l’anno.
  • Anche in caso di esclusive parziali (legate ad esempio a una specifica produzione) l’artista deve ricordare di stipulare un contratto chiaro, firmato e registrato anziché fidarsi di “contratti di tipo verbale”.

La creatività e il talento non devono essere mortificati dal mercato, devono invece essere esaltati e tutelati per il benessere di tutti, degli artisti, della galleria e dell’arte come patrimonio culturale comune.

Quando conviene l’esclusiva totale?

Ci sono casi per i quali un’esclusiva completa con una galleria può essere conveniente per un artista. Ad esempio quando l’artista ha un’idea d’investimento a termine, quando sa che finita una produzione ne inizierà una completamente diversa o quando addirittura sa che cambierà mestiere. Allora l’esclusiva vale come investimento come sicurezza economica che permette all’artista di acquisire risorse da investire in altro. L’esclusiva conviene altresì quando l’obiettivo è meramente quello di acquisire risorse economiche immediate. Conviene anche agli artisti non più giovanissimi di età e, indipendentemente dall’età, quando il magazzino dell’artista è saturo. L’artista può fermarsi o progettare nuove produzioni e nel frattempo fornire alla galleria le sue giacenze. Può convenire anche a chi non ha davvero alcuna possibilità d’investimento o di crescita.

Quando è sconsigliata l’esclusiva totale?

Si sconsiglia di chiudersi in un contratto di esclusiva totale con una galleria d’arte, con un solo commerciante o con una sola azienda di televendite di opere d’arte, quando ci sono molti corteggiatori dietro l’artista, quando molte gallerie vorrebbero l’esclusiva. In questo caso significa che l’artista è già apprezzato e che può crearsi da solo attraverso il proprio curatore rappresentante un mercato. Conviene vendere alle gallerie di volta in volta i pezzi che servono, farsi pagare in questo caso all’atto della cessione dell’opera oppure, quando è valutato come opportuno, utilizzare il conto vendita dell’opera d’arte. Si consiglia in questi casi di non creare sovra-produzione e permettere al mercato di assorbire gradualmente la produzione artistica che avrà così un incremento di valore. In questo caso il mercato e le politiche del proprio mercato le decide l’artista insieme ai propri consulenti (pagati dall’artista per curare i propri interessi). Il contratto di esclusiva totale è fortemente sconsigliato agli artisti con forte personalità, agli artisti ispirati, a coloro che vogliono essere autonomi e liberi, che non vogliono obblighi fissi ma che vivono l’arte come espressione e comunicazione e non meramente come fonte di guadagno.

a cura di
Dott. Marco Baranello
Pavia, 23 giugno 2021

Come citare questa fonte bibliografica
Baranello, M. (2021)
Artisti Prigionieri delle Esclusive. Pro e Contro i Contratti di Esclusiva.
www.artoclock.com/?p=78, Roma 23 giugno 2021

Nota. il presente articolo è una revisione dell’articolo dello stesso autore pubblicato il 29 luglio 2011 sul portale d’arte “Artingout“. Tutti gli articoli precedentemente pubblicati nel circuito Artingout sono stati revisionati per la nuova pubblicazione sulla rivista aperiodica “Art O’Clock” curata da Artingout.

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